In questa nuova mostra, tuttavia, i curatori Roberto Festi, Chiara Galbusera e Raffaella Sgubin hanno scelto di non trattare nello specifico la pittura, quanto il mondo affascinante della grafica e del design, forme d’arte che furono campo fecondo di sperimentazione per molti artisti della cosiddetta “Secessione viennese” e in particolare per Josef Maria Auchentaller, nato sì a Vienna (1865), ma che trascorse buona parte della vita nella “nostra” Grado, dove morì nel 1949. Un artista a cui Vienna 1900. Grafica e design assegna il compito di aprire il percorso espositivo con le sue Die tönenden Glocken (Campane a festa, 1903), opera che poi andrà ad aggiungersi in forma permanente alle altre già presenti nella “Sala Auchentaller” della Pinacoteca di Palazzo Attems Petzenstein.
Un’opera insolita rispetto al tema trattato e agli obiettivi dei curatori. Tuttavia, la grande tela ha un significato particolare per i Musei Provinciali di Gorizia, che già nel 2005 esposero alcuni dipinti inediti dell’artista nella già citata mostra Belle Epoque Imperiale. L’arte, il design. Un interesse che venne ribadito nella grande esposizione antologica del 2008, che contribuì alla felice riscoperta di questo straordinario protagonista della Secessione viennese.
Il percorso di Vienna 1900. Grafica e design si snoda nell’ala sinistra del Palazzo al piano terreno, dove – dopo le Campane a festa di Auchentaller – prosegue con una serie di opere grafiche originali (e i relativi fascicoli di stampa) realizzate per Ver Sacrum, organo ufficiale della Secessione viennese fondato nel gennaio 1898 da Gustav Klimt e Max Kurzweil. Edita per sei anni, inizialmente a cadenza mensile e in seguito quindicinale, Ver Sacrum vide la partecipazione di quasi tutti gli artisti del gruppo guidato da Klimt, i quali vi pubblicarono disegni – cornici, capilettera, illustrazioni, xilografie, fregi – che affiancavano, in un armonico insieme, articoli di critica d’arte, poesie, brani letterari. L’eccellente qualità grafica e concettuale della rivista la colloca tra le opere a stampa di assoluta innovazione tra Ottocento e Novecento. Gli originali qui esposti evidenziano la raffinata esecuzione di queste opere grafiche appositamente realizzate per il periodico secondo i principi della Flächenkunst, l’arte “piatta” o della superficie. Circa l’illustrazione libraria va segnalata, oltre ai “piccoli” capolavori di Ferdinand Andri e Carl Otto Czeschka per la collana “Gerlach’s Jugendbücherei”, la perizia della coppia Heinrich Lefler e Joseph Urban, che nel libro per l’infanzia raggiungono un livello estetico estremamente elevato. Un rimando ai meriti della Kunstgewerbeschule – la Scuola di Arti Applicate che fu il fulcro della formazione per generazioni di artisti – è testimoniato dal volume Weihnacht (1922), che riporta all’innovativa didattica della Scuola viennese. Curato da Franz Cizek, il libro è interamente illustrato (14 tavole di straordinaria fattura) da nove ragazzine, che in seguito non intrapresero percorsi artistici.
Ma nel percorso espositivo c’è ancora spazio per Josef Maria Auchentaller, con le sue suggestioni naturalistiche che emergono nelle prime illustrazioni per Ver Sacrum, accurati studi preparatori quasi “da erbario”, oltre a una mirabile serie di bijoux realizzati per la ditta Georg Adam Scheid e le raffinate Dosen e portagioie decorati da figure femminili.
La mostra prosegue poi con dodici manifesti realizzati per pubblicizzare le ventitré mostre della Secessione organizzate tra il 1898 e il 1905. Si tratta di una campionatura emblematica e rappresentativa delle idee e del gusto viennese, un documento insostituibile per comprendere la struttura artistica del movimento. Gli esempi esposti – Ferdinand Andri, Josef Maria Auchentaller, Adolf Böhm, Gustav Klimt, Koloman Moser, Alfred Roller e Leopold Stolba – mostrano una grafica fortemente innovativa, con chiari riferimenti all’arte giapponese, di cui la scuola viennese esplorò modalità e tecniche espressive. Inoltre, sono esposte due xilografie di Katsushika Hokusai (1760-1849), da cui si possono cogliere i princìpi di essenzialità e astrazione che si imposero come linea guida della grafica viennese.
L’esposizione passa poi all’arte tessile della Wiener Moderne, connessa all’arredamento ma anche alla moda. Fu uno dei settori più produttivi e vide in prima linea la ditta J. Backhausen & Söhne di Vienna, dal cui archivio provengono le numerose opere presentate in questa sezione della mostra. Al pari di altre aziende tessili austriache, Backhausen coinvolse tra l’800 e il ‘900 i maggiori designer viennesi, quasi tutti legati al movimento secessionista e in seguito alla Wiener Werkstätte. Le opere di Josef Maria Auchentaller (del quale è conservata quasi tutta la produzione) ma anche di Else Unger, Josef Hoffmann, Koloman Moser, Ludwig Heinrich Jungnickel e Otto Prutscher mostrano un rinnovo estetico di grande valore formale. Nelle trame floreali o in quelle geometriche della selezione qui offerta, si esprimono quasi tutti i principi delle nuove istanze viennesi. Stoffe, tappeti, tessuti per arredi o rivestimenti diventano un tassello decisivo per raggiungere l’obiettivo del Gesamtkunstwerk, l’opera d’arte totale. Non è un caso che questi “bozzetti esecutivi” dialoghino con la vasta produzione di gioielli che vide attivi in questo settore aziende come Oskar Dietrich, Georg Adam Scheid e naturalmente la Wiener Werkstätte, che nel variegato entourage dove lavoravano fianco a fianco artisti e artigiani, riuniva le migliori professionalità di un fervido mondo culturale e artistico.
La mostra ritorna poi a Josef Maria Auchentaller, questa volta nella veste di designer ufficiale della Georg Adam Scheid, manifattura viennese che vantava mercati internazionali e la cui produzione, principalmente basata sulla lavorazione di argento e smalti, spaziava da pezzi unici a gioielli e bijoux, sino a svariati oggetti d’uso, come fibbie per cintura, portasigarette, tagliacarte, montature per vasi. La modernità del movimento secessionista viennese non sfuggirono alla Scheid, che trovò in Auchentaller l’interprete congeniale per una “nicchia” di produzione che ebbe un’eccellente risonanza d’immagine, oltre che un riscontro di mercato. Recente oggetto di studio, questa produzione – della quale rimane un cospicuo numero di disegni di progetto – è significativa per comprendere ciò che il gusto del pubblico richiedeva in quel momento.
Quasi a suggellare il concetto di “opera d’arte totale”, un disegno di Gustav Klimt, in prestito dal Leopold Museum di Vienna, chiude l’esposizione. Si tratta di uno studio per la ballerina del fregio Attesa (1907-1908) per il Palazzo Stoclet di Bruxelles, dove l’artista lavorò in sodalizio con Josef Hoffmann e con molti degli artisti della Wiener Werkstätte. Un’irripetibile esperienza che rappresenta la summa dei princìpi che ispirarono le arti viennesi al torno del secolo.
A corredo della mostra, è presente un catalogo a cura di Roberto Festi, Chiara Galbusera e Raffaella Sgubin, edito da Grafiche Antiga.