Nel 1975 in occasione della mostra antologica, Sergio Negri, uno dei maggiori esperti del Ligabue, adotta la divisione in tre periodi delle opere di Antonio Ligabue.
Primo periodo: 1927-1939
Le opere di questi anni, risentono di qualche incertezza tecnica che però Ligabue riesce a superare grazie alla sua capacità narrativa. Come in Nudo di donna (1929-1930), l’impianto è semplice e l’impaginazione è equilibrata: spesso si concentra su un’unica immagine centrale, con pochi elementi sullo sfondo. Il colore è steso in maniera leggera e soffuso. È evidente l’eccessivo uso di acquaragia per far scorrere il pennello più facilmente sulla tela. I contorni delle figure non sono definiti dal segno nero, come farà nelle opere a partire dalla metà degli anni ’30; l’insieme è reso con poche pennellate. La tavolozza è povera, i colori utilizzati sono prevalentemente il verde, il marrone, il giallo, il blu cobalto e si accosta alle terre naturali. Inizia a raffigurare i temi amati: gli aspetti della vita agreste, le scene con animali feroci (come in Leone con leonessa del 1932-1933) in atteggiamenti non aggressivi; pochissimi gli autoritratti. Molte opere di questo periodo non sono firmate; la firma, quando compare, è in corsivo gotico. Sul finire di questi anni, dopo la conoscenza di Mazzacurati, la mano di Ligabue diventa più sicura, il dipinto assume una maggiore corposità e intensità tonale, un miglior equilibrio compositivo.
Secondo periodo: 1939-1952
Nel secondo periodo, che va dal 1939 al 1952, la pittura di Ligabue si impadronisce dei segreti del colore e della linea. Egli inizia a disegnare forme sempre più complesse arrivando a riprodurre il movimento e l’azione, rendendo la narrazione più reale. I toni cromatici diventano più caldi e la materia pittorica acquisisce spessore. Il colore diventa lo strumento determinato anche dall’abitudine di Ligabue di non iniziare la composizione da un disegno preparatorio, preferendo dipingere senza esitazioni e senza seguire una traccia. Riesce così ad ottenere delle figure caratterizzate da una scabra potenza grafica in contrapposizione alla ricchezza lirica del colore, come i grandi illustratori primitivi. In questo secondo periodo Ligabue firma sempre in corsivo gotico preferibilmente con il colore rosso e ponendo a volte solo la a minuscola, iniziale del nome. In altre occasioni, principalmente nei quadri di piccole dimensioni, al posto della firma pone solo le due iniziali. Opere del periodo sono Ritratto di Elba (1933), Circo (1941-1942) e Volpe in fuga con gallo in bocca (1943-1944).
Terzo periodo: 1952-1962
Nel terzo periodo anche le fiere, acquisiscono una cura per il dettaglio che si potrebbe paragonare a quella dei dipinti fiamminghi. Di questi anni sono Leopardo nella foresta (1956-1957), Lotta di galli (1958-1959) e Il serpentario (primavera 1962) nei quali la minuzia con cui si sofferma sui dettagli per catturare l’essenza del soggetto è confermata dagli splendidi manti delle tigri, dei leopardi, dal piumaggio dei volatili, che prendono vita nelle tele. È il periodo più prolifico. L’artista, che ha ormai assimilato ogni segreto riguardo al “mestiere”, è portato a volte, sia per eccesso di sicurezza, sia per le richieste dei committenti, a una notevole discontinuità di livello. Il segno nero intorno alle figure si fa vigoroso e continuo. Nella firma, quasi sempre rossa, la A iniziale del nome è ora maiuscola a bastoncino, il cognome sempre in corsivo gotico; ma spesso vi sono solo le iniziali. I colori maggiormente usati sono il giallo limone, il blu di Prussia, le terre di Siena, il giallo cadmio, il bruno Van Dyck e abbonda il bianco di zinco. È densa, in quest’ultimo periodo la produzione di autoritratti, diversificati a seconda degli stati d’animo vissuti al momento dell’esecuzione ma tuttavia sempre pervasi da una incontenibile tristezza.
ANTONIO LIGABUE
Non si può parlare dell,opera di Ligabue senza conoscerne la vita, né si possono capire i suoi quadri se non si entra nel suo mondo sfortunato e folle, pieno di talento e poesia. Nato a Zurigo nel 1889 da madre di origine bellunese e da padre ignoto, viene dato subito in adozione ad una famiglia svizzera. Già dall’adolescenza manifesta alcuni problemi psichiatrici che lo portano, nel 1913, a un primo internamento presso un collegio per ragazzi affetti da disabilità. Nel 1917 viene ricoverato in una clinica psichiatrica, dopo un’aggressione nei confronti della madre affidataria Elise Hanselmann che, dopo varie vicissitudini, deciderà di denunciarlo ottenendo l’espulsione di Antonio dalla Svizzera il 15 maggio del 1919 e il suo invio a Gualtieri, il comune d’origine del patrigno (il marito della madre naturale, che odierà sempre). Ligabue non parla l’italiano, è incline alla collera e incompreso dai suoi contemporanei, viene soprannominato “el Matt” dagli abitanti di Gualtieri che ne rifiutano i dipinti e il valore artistico, costringendolo a prediligere la via dell’alienazione e della solitudine. Dopo tormentati e inquieti anni di vagabondaggio in cui vive solamente dei pochi sussidi pubblici e si rifugia nell’arte per esprimere il suo disagio esistenziale, a cavallo tra il 1928 e il 1929 incontra Renato Marino Mazzacurati (importante artista della Scuola Romana) che ne comprende il talento artistico e gli insegna ad utilizzare i colori. Con singolare slancio espressionista e con una purezza di visione tipica dello stupore di chi va scoprendo – come nell’infanzia – i segreti del mondo, Ligabue si dedica alla rappresentazione della lotta per la sopravvivenza degli animali della foresta; si autoritrae in centinaia di opere cogliendo il tormento e l’amarezza che lo hanno segnato, anche per l’ostilità e l’incomprensione che lo circondavano; solo talvolta pare trovare un po’ di serenità nella rappresentazione del lavoro nei campi e degli animali che tanto amava e sentiva fratelli. Nel 1937 viene nuovamente ricoverato presso l’ospedale psichiatrico di San Lazzaro a Reggio Emilia per autolesionismo e per “psicosi maniaco-depressiva” nel marzo del 1940. È il 1948 quando comincia a esporre le sue opere in piccole mostre e ottenendo, sotto la guida di Mazzacurati, qualche riconoscimento e a guadagnare i primi soldi. Ma il successo è breve: dopo essersi permesso solo qualche lusso, nel 1962 viene sopraggiunto da una paresi e ricoverato all’ospedale di Guastalla dove continua a dipingere e dove termina la sua vita il 27 maggio del 1965.
Antonio Ligabue Dove Museo Revoltella, Via Diaz, 27, 34123 - Trieste Date al pubblico 8 novembre 2023 -18 febbraio 2024 Mostra promossa da Comune di Trieste – Assessorato alle politiche della cultura e del turismo Museo Revoltella Prodotta e organizzata da Arthemisia In collaborazione con Comune di Gualtieri Fondazione Museo Antonio Ligabue Orario apertura Dal lunedì alla domenica e festivi 9.00 -19.00 Martedì chiuso (la biglietteria chiude un’ora prima) Biglietti Intero € 15,00 Ridotto € 13,00 65 anni compiuti (con documento); ragazzi da 12 a 18 anni (non compiuti); appartenenti alle forze dell’ordine; diversamente abili; giornalisti con regolare tessera dell’Ordine Nazionale (professionisti, praticanti, pubblicisti); possessori card Arthemisia