E fuori un mare tutto fresco di colore (Sandro Penna)
Non lasciamoci ingannare, la bellezza dei luoghi non è gratis, nemmeno in questa terra stretta e schiacciata, in faccia a un mare conteso tra Toscana e Liguria. Perché non abbiamo a che fare con un ultimo scampolo di paradiso, ma con uno spazio strappato alla natura, lentamente e con fatica. Una pianura sottile spinta, ma quasi mai attratta, verso il mare dall’incombere di montagne arcigne, che troncano la vista, sottraggono spazio, e concedono agli uomini e agli animali solo impervi sentieri; su per fianchi ripidi e scoscesi, dove ogni palmo di terra piatta è costata secoli di fatiche, notti insonni e quotidiane preoccupazioni.Una terra strappata, nel corso di un eterno corpo a corpo, all’ostilità delle acque, quelle tumultuose che sfondano gli argini, scavano la terra e la trascinano a valle, e quelle stagnanti, che impaludavano la pianura, rendendola inospitale, infetta e malarica.
È così che qui l’uomo si è dovuto abituare a vivere tra la terra ed il mare, rivolto a una immutabile linea di orizzonte, non temendo né la pioggia né la polvere, aggrappato ad antiche confidenze e a sapori primitivi, l’uliva amara, il grano tenero, l’uva asprigna.A scudo di una montagna, che rivolge al mare il suo volto severo e la sua mole imponente, le di colline ferrose che precipitano in mare, l’uomo ha disegnato questo orizzonte, domestico, ma solo in apparenza: autoctoni sono gli ulivi, il fico e la vite, e più in alto i castagni, ma poi tutto il resto viene da fuori: i cipressi di Persia, gli aranci d’Arabia e i cedri del Libano, le albicocche di Palestina e i nespoli del Giappone, le palme dell’Africa.
Una terra che accoglie e naturalizza piante esotiche e alberi da frutta, e poi ancora ortaggi e verdure, così come accoglie e naturalizza i forestieri: viandanti solitari e guerrieri sbandati, viaggiatori distratti, gente curiosa e artisti fuori rotta.Una terra avvezza all’umidore di scirocco come alla tempesta di libeccio, o alla stanca bonaccia di Provenza, ma non al gelo di tramontana che si cheta da solo sui fianchi delle montagne, è comunque dal mare che riceve gli odori del mondo e i richiami dell’avventura.
Nell’aria limpida del tramonto, l’Elba, e Capraia e Gorgona, e su fino alla Palmaria, in faccia a Portovenere, sembrano invitare verso un altro mare, mentre dall’alto il pascolo delle capre, gli alpeggi dei pastori, le marmitte dei giganti, materializzano improvvisamente il mito di Orfeo, oscuro e preoccupante.
Ma le ombre di oscuri presagi non hanno appannato lo sciame di immagini che il mare riversa da sempre sulle spiagge, in quel panorama quotidiano dove si specchiano e si confondono il sogno del mito e la fatica della storia.
Le sezioni
Il mare dell’immaginazione: miti e visioni.
Un mondo di sabbia: orizzonti tra terra e mare.
Andar per mare: costrizione e avventura.
Andare al mare: la villeggiatura.
Gli oggetti del mare: la natura ricordata.
L’uomo e il mare: il corpo della scultura.
La selezione degli artisti spazia così dalle varie scuole dei macchiaioli (Fattori) e post macchiaioli (Lloyd, Ulvi Liegi, Puccini) ai pittori cosiddetti labronici (March e Natali), dalla figurazione simbolista (Sartorio, Benvenuti, Baracchini Caputi), dal mondo colorato dei divisionisti (Nomellini) alla stagione delle avanguardie (Ram, Thayaht) e dei “ritorni all’ordine”, con richiami alle grandi individualità dell’arte italiana, De Chirico, Savinio, De Pisis, Campigli, Morandi, Nathan e tra gli scultori Martini, Marino, Manzù, Messina.
Un’attenzione particolare sarà riservata all’area ligure-apuana, e quindi ai pittori versiliesi autoctoni, come Chini, Moses Levy, Viani, o d’adozione, come Carrà, Carena, De Grada, Funi, e quindi ai cantori delle terre di Liguria, come Telemaco Signorini e agli scultori apuani come Carlo Fontana e Arturo Dazzi.
Il mare rimane di tutti ma non appartiene a nessuno: così questi artisti hanno visto lo stesso mare, ma poi ognuno si è immaginato e figurato il suo.